Storia del Disastro del Gleno – 7^ Parte – Luglio
A cura di SERGIO PIFFARI
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Ecco ora le testimonianze di alcuni operai addetti alla demolizione di parte del tampone sulla cattiva qualità dei lavori eseguiti. Angelo Tagliaferri: “…Nella demolizione potetti constatare che la muratura non presentava nessuna garanzia di stabilità. I sassi venivano tolti con grande facilità e la malta si sgretolava. Inoltre nella muratura si trovavano dei buchi segno che la costruzione non era stata fatta a regola d’arte. Io, nel 1921, lavoravo alle dipendenze dell’assistente Giudici Sperandio”.
Giovanni Tagliaferri: “…mi fu dato di constatare che la muratura eretta l’anno precedente e quella sulla quale dovevano avere la base i piloni della nuova costruenda diga, era male fatta ed invero per fare le basi degli archi noi operai dovevamo levare una parte della muratura stessa. Per tale operazione, giacché la muratura era eseguita da un anno, dovevano occorrere picconi e martelli, mentre invece, poiché la malta era malfatta, anche solo con le mani si sgretolava facilmente il predetto muraglione. Mi fu dato di trovare o sola malta, con calce ancora bagnata e facile a spappolarsi, o solo pietrame a secco…”.
Sorge spontanea una domanda: il Viganò stesso, ma anche gli assistenti da lui stipendiati, non dovevano controllare la correttezza dei lavori eseguiti dall’impresa appaltatrice? La stessa domanda vale anche per quelli relativi alla costruzione della diga ad archi multipli. Ecco alcune risposte.
Giudici Giuseppe: “Io che sono stato assistente anche all’estero in molti altri lavori, dovetti constatare che nei lavori del Gleno non vi era una sorveglianza attiva ed efficace. Gli assistenti erano abbandonati a loro stessi”.
Abati Clemente: “La ditta Viganò aveva in luogo tale Sperandio che doveva sorvegliare i lavori eseguiti dalla ditta assuntrice. Costui non si interessava tanto se i lavori procedevano bene, solo insisteva perché i lavori venissero eseguiti il più in fretta possibile”.
Tagliaferri Pietro: “L’assistente Sperandio un giorno mi minacciò di licenziamento se ogni giorno io non gli facevo otto metri di muratura, il che era impossibile di costruire, potendosene al massimo fare non più di tre metri”.
Ci sono anche testimonianze di chi ricorda l’esistenza di “spie” che avvisavano in cantiere dell’arrivo del Viganò e che il succitato Giudici Sperandio, impiegava correttamente gli operai al suo arrivo per poi procedere con i noti sistemi al suo allontanamento.
5 luglio 1921. La “Società Elettrica Bresciana” viene autorizzata, con apposito Decreto, a costruire ed esercitare due tronchi di linea elettrica tra le due centrali Viganò e quella di Mazzunno, di proprietà della stessa “S.E.B.”.
12 agosto 1921. L’ing. Lombardi del Genio Civile sale al Gleno e constata che è iniziata la costruzione di piloni e volte e ne informa il Ministero dei Lavori Pubblici.
1 novembre 1921. Viene assunto quale guardiano del cantiere e della futura diga, Francesco Morzenti di Teveno, detto “Petasalti”. Il Morzenti era già presente in cantiere, quale addetto all’escavazione ed al trasporto della sabbia, dal 15 agosto al 31 ottobre dello stesso anno, alle dipendenze dell’impresa “Oprandi” di Fino del Monte. Personaggio controverso, ma per nulla uno stupido come viene talvolta erroneamente descritto, ha un ruolo molto importante nella fase delle indagini ed in Tribunale. Le sue testimonianze sono a volte contraddittorie tanto che il 13 maggio 1924 il Procuratore del Re, Cav. Giusti, lo redarguisce duramente: “Abbiamo anzitutto, noi giudice, fatto al teste indicato, Morzenti Francesco, severa ammonizione sull’importanza morale e religiosa del giuramento e sulle pene stabilite dalla legge contro i testi falsi o reticenti e lo abbiamo quindi invitato a giurare, come ha giurato, nella formola: “Giuro di dire la verità, null’altro che la verità”.
Proprio nel maggio del 1924 Francesco Morzenti lascia l’incarico di guardiano a causa delle minacce ricevute da gente che lo accusa di essere “dalla parte del Viganò” e la sua mansione viene svolta da Duci Mansueto. Il Duci, uomo di fiducia di Virgilio Viganò, dapprima quale guardiano della polveriera di Pianezza, poi presente al Gleno dove ha una sua baracca, resta il suo referente in Val di Scalve, anche dopo il “disastro”, al quale rivolgersi per avere notizie o per confessare le sue amarezze.
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Attività a cura della Commissione Centenario del Gleno