La leggenda del Venerocolo

Molto tempo fa, un cacciatore si trovava nella zona del Venerocolo, ormai deserta di ogni altra presenza umana per via della stagione autunnale. L’uomo era così intento a braccare un branco di camosci che non si fermò neanche di fronte alla prime gocce di pioggia, che si facevano via via più insistenti e sempre più fredde.

Solamente quando giunse la sera, l’uomo si decise a ritornare alla baita che usava come rifugio durante le sue battute di caccia.
Durante la notte, la pioggia si trasformò in neve e cominciò ad imbiancare le cime e le malghe. Quando il cacciatore si risvegliò la mattina seguente, la porta della baita era bloccata: dopo molti sforzi, si spalancò ai suoi occhi un panorama sommerso da uno spesso manto di neve.
Sicuramente il cacciatore non sarebbe riuscito a tornare a valle da solo, e dal paese non sembrava arrivare nessuno in suo aiuto. Non c’era niente fa fare: l’uomo era bloccato alla baita, isolato da tutto e da tutti ed immerso nel silenzio della natura invernale. Avrebbe dovuto arrangiarsi e sopravvivere con quel poco che sarebbe riuscito a procurarsi.

Ma quando calò nuovamente la sera, la situazione si fece ancora più grave: il cacciatore fu colto da una febbre altissima. Sentendosi sempre più solo e abbandonato, l’uomo terrorizzato cominciò a pregare come non faceva da tempo.
Talmente era alta la febbre, che il cacciatore pensò di avere un’allucinazione, quando vide l’uscio della baita aprirsi lentamente rivelando la figura di una misteriosa fanciulla. Tuttavia, quando la ragazza posò la sua fresca mano sulla fronte del cacciatore, egli si convinse che era tutto vero: la Figlia del Vento affermò di essere venuta ad aiutarlo nel momento del bisogno.
E la fanciulla mantenne la sua parola: non solo lo accudì finché guarì, ma lo assistette anche per i mesi successivi, finché tornò la primavera.

Quando finalmente le nevi si erano sciolte abbastanza da rendere possibile il ritorno in paese, il cacciatore si trovò di fronte ad una scelta: ritornare alla sua casa e ai suoi compaesani, coloro che aveva creduto amici e l’avevano abbandonato, o rimanere in mezzo alla natura con la Figlia del Vento.

Il cacciatore meditava contemplando la vallata dall’alto: i germogli e le erbe che l’avevano curato e nutrito e che ora si risvegliavano nel verde lussureggiante dei primi tepori primaverili, il ruscello con le acque gorgoglianti che l’aveva dissetato, il vento che aveva riempito le sue orecchie della dolce musica della natura.
Così prese la sua decisione: il cacciatore avrebbe lasciato il mondo dei crudeli umani e sarebbe rimasto fra la natura amica, in compagnia della Figlia del Vento.
Anche se gli uomini non appartengono al regno della montagna, la fanciulla percepì la profondità del suo sentimento e volle accontentarlo, promettendogli che sarebbe rimasto per sempre lì, fra le sue amate cime.
Ancora oggi, su una radura vicina al ruscello, si trovano due massi, l’eterna dimora dei due compagni inseparabili, la Figlia del Vento e il cacciatore.

 

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Fonte: “Fölecc, Diaoi e Madöne… Leggende della Val di Scalve” di Maurilio Grassi

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